Le vetrate artistiche

Per la prima metà dei suoi 4000 anni di storia il vetro non fu utilizzato in architettura. Inizialmente era impiegato per la produzione di gioielli e contenitori, mentre le tecniche, sempre più raffinate, per la sua lavorazione sfociarono nell’elaborazione del vetro soffiato e di manufatti dagli spessori sempre più sottili, che a loro volta hanno reso possibile la produzione del vetro adatto alle finestre.

Il vetro si diffuse in tutta Europa seguendo l’espansione romana nel I secolo d.C. Durante l’alto medioevo, invece, rimase un materiale costoso e le chiusure vetrate per le abitazioni private si videro comparire solo verso la fine del XII secolo in Inghilterra.

La prima vera età del vetro fu il periodo gotico, in cui si realizzò la separazione fra la struttura portante e il vetro utilizzato per tamponarla. Si costruirono chiese con superfici vetrate sempre più ampie, fino all’apice raggiunto nel 1248 dalle straordinarie finestre a cleristorio della cattedrale di Beauvais che, espandendosi come una vela, sottolineavano la forma dell’edificio.

Se durante l’alto gotico le finestre erano perlopiù rosse e blu, nel tardo gotico prevalse il vetro trasparente con effetti pittorici a grisaille.

Le grandi superfici vetrate erano tipiche del Rinascimento nord europeo, una tendenza esemplificata dalla Hardwick Hall del 1590-1597, per cui si utilizza l’espressione “più vetro che muratura”. Le singole lastre divennero sostanzialmente più grandi e più regolari rispetto al periodo gotico. Tra il XVI ed il XIX secolo il vetro divenne largamente disponibile, uno sviluppo velocizzato dalla moda delle orangerie o giardini d’inverno.

Intorno al 1700 il vetro fuso era disponibile in Francia in quasi tutte le dimensioni. Il vetro era particolarmente richiesto per la produzione di specchi, come quelli della famosa galleria di Versailles. Alle carrozze a cavalli occorrevano vetri particolarmente resistenti, elemento che promosse ulteriori avanzamenti nella produzione di questo materiale. Il Crystal Palace realizzato per la Grande Esposizione di Londra del 1851 era un edificio sensazionale, trattandosi di una struttura interamente vetrata sostenuta da un’ossatura in ghisa con elementi in ferro battuto e legno.

L’esatta composizione chimica del vetro è stata determinata solo nel 1900 circa. Ciò ha consentito di controllarne con maggiore precisione la composizione e fece ben presto intravedere nel vetro un materiale edilizio perfetto, materiale duro e chimicamente passivo ma che ora, grazie ai moderni metodi industriali, supera la sua fragilità intrinseca.

Il vetro precompresso moderno è cinque volte più stabile delle comuni lastre di vetro e ha grande potenziale strutturale. Ma l’efficienza strutturale del vetro moderno va ancora oltre: può essere prodotto con elementi solari interni oppure serigrafato, laminato o rivestito in modo da assimilare funzioni diverse. Anche la sua proprietà più implicita, la trasparenza, è oggi modificabile semplicemente premendo un pulsante che applica corrente elettrica a uno strato interno di cristalli liquidi.

Da “Materiale immateriale” di Chris van Uffele, in Vetro, Edizioni Motta Architettura, 2009